IL QUADERNO DI JOSE’ SARAMAGO, LA STUPIDA CENSURA DEL GRUPPO MONDADORI, LE RIDICOLE CRITICHE DELLO SCRITTORE PORTOGHESE AL DEMOCRATICO STATO DI ISRAELE.
Capitolo Primo:
CENSURARE SARAMAGO SIGNIFICA RICONOSCERE LE SUE “VERITA’”!
“Il Quaderno”, libro di José Saramago (edito dalla casa editrice Bollati Boringhieri nel settembre 2009), doveva essere pubblicato dalla casa editrice Mondadori di Silvio Berlusconi. Saramago ha pubblicato molti libri con l’ Einaudi. Ma avviene che la storica casa editrice torinese, nel 1994, viene assorbita da Mondadori, la quale si rifiuta di pubblicare le critiche caustiche presenti nel libro di Saramago nei confronti di Berlusconi. Viene chiesto al Nobel Saramago di apportare “mirate” modifiche in alcune parti del libro. Lo scrittore portoghese si rifiuta. E così “O Caderno” (questo il titolo portoghese del libro) viene pubblicato in Italia, come già detto, dalla casa editrice Bollati Boringhieri: contiene diversi articoli riportati nel blog a Saramago intestato e vanno dal settembre 2008 al marzo 2009. Il libro viene dedicato a Sérgio Latria e a Javier Muñoz, collaboratori della Fondazione Saramago che curano anche a Lisbona e a Lanzarote (Isole Canarie) il blog intestato allo scrittore. Scrive, infatti, Saramago: “Le cause motrici sono Pilar, Sérgio e Javier, che si occupano del blog.” Ma cosa dice Saramago di Berlusconi in questo suo libro dalla Mondadori censurato? Il cavaliere è citato alle pp. 25-26 in un articolo intitolato “Berlusconi & C.” che riportiamo:
“Secondo la rivista nordamericana ‘Forbes’, il gotha della ricchezza mondiale, la fortuna di Berlusconi ascenderebbe a quasi diecimila milioni di dollari. Onoratamente guadagnati, è chiaro, sebbene con non pochi aiuti esterni, come ad esempio il mio. Essendo io pubblicato in Italia dall’editrice Einaudi, proprietà del detto Berlusconi, qualche soldo glielo avrò fatto guadagnare. Un’infima goccia d’acqua nell’oceano, ovviamente, ma che gli sarà servita almeno per pagarsi i sigari, ammettendo che la corruzione non sia il suo unico vizio. Salvo quel che è di comune dominio, so pochissimo di vita e miracoli di Silvio Berlusconi, il cavaliere. Molto più di me ne saprà sicuramente il popolo italiano, che una, due, tre volte lo hanno insediato sulla poltrona di primo ministro. Ebbene, come di solito si sente dire, i popoli sono sovrani, ma anche saggi e prudenti, soprattutto da quando il continuo esercizio delle democrazia ha fornito ai cittadini alcune nozioni utili a capire come funziona la politica e quali sono i diversi modi per ottenere il potere. Ciò significa che il popolo sa molto bene quel che vuole quando è chiamato a votare. Nel caso concreto del popolo italiano -perché è di esso che stiamo parlando, e non di un altro (ci arriveremo)- è dimostrato come l’inclinazione sentimentale che prova per Berlusconi, tre volte manifestata, sia indifferente a qualsiasi considerazione di ordine morale. In effetti, nel paese della mafia e della camorra, che importanza potrà mai avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente? In un paese in cui la giustizia non ha mai goduto di buona reputazione, che cosa cambia se il primo ministro fa approvare leggi a misura dei suoi interessi, tutelandosi contro qualsiasi tentativo di punizione dei suoi eccessi e abusi di autorità?
Eça de Queiroz diceva che, se facessimo circolare una bella risata intorno a una istituzione, essa crollerebbe, ridotta in pezzi. Questo, un tempo. Che diremo del recente divieto, emesso da Berlusconi, alla proiezione del film W. di Oliver Stone? Fin lì sono arrivati i poteri del cavaliere? Come è possibile che si sia commesso un tale arbitrio, sapendo per di più che, per quante risate ci potessimo fare intorno ai Quirinali, questi non cadrebbero? Giusta è la nostra indignazione, pur dovendo compiere uno sforzo per capire la complessità del cuore umano. W. è un film che attacca Bush, e Berlusconi, uomo di cuore come può esserlo un capo mafia, è amico, collega, fautore dell’ancora presidente degli Stati Uniti. Sono fatti l’uno per l’altro. Quel che non sarà ben fatto è che il popolo italiano accosti una quarta volta alle natiche di Berlusconi la sedia del potere. Non ci sarà, allora, risata che ci salvi.”
Saramago ritorna a parlare di Berlusconi con un altro articolo intitolato “Che fare degli Italiani?”. Lo troviamo alle pp. 153-154. Riportiamolo:
“Riconosco che la domanda potrà sembrare alquanto offensiva a un orecchio delicato. Ma che succede? Un semplice privato che interpella un intero popolo, che gli chiede il conto per l’uso di un voto che, con sommo gaudio di una maggioranza di destra sempre più insolente, ha finito di far di Berlusconi il padrone e il signore assoluto dell’Italia e della coscienza di milioni di italiani? Anche se in verità, voglio dirlo subito, il più offeso sono io. Sì, proprio io. Offeso per il mio amore per l’Italia, per la cultura italiana, per la storia italiana, offeso, anche, nella mia pertinace speranza che l’incubo abbia fine e che l’Italia possa recuperare l’esaltante spirito verdiano che è stato, un tempo, la sua migliore definizione. E che non mi si accusi di star mescolando gratuitamente musica e politica, qualunque italiano colto e onorato sa che ho ragione e perché.
E’ appena giunta notizia delle dimissioni di Walter Veltroni. Ben vengano, il suo Partito Democratico è cominciato come una caricatura di partito ed è finito, senza parole né progetti, come un convitato di pietra sulla scena politica. Le speranze che vi avevamo riposto sono state defraudate dalla sua indefinitezza ideologica e dalla fragilità del suo carattere personale. Veltroni è responsabile, certo non l’unico, ma nell’attuale congiuntura, il maggiore, dell’indebolimento di una sinistra di cui era arrivato a proporsi come salvatore. Pace all’anima sua.
Non è tutto perduto, però. E’ quanto ci dicono lo scrittore Andrea Camilleri e il filosofo Paolo Flores d’Arcais in un articolo pubblicato recentemente su ‘El País’. C’è un lavoro da fare insieme con i milioni di italiani che hanno ormai perso la pazienza vedendo il loro paese trascinato ogni giorno al pubblico dileggio. Il piccolo partito di Antonio Di Pietro, l’ex magistrato di Mani Pulite, può diventare il revulsivo di cui l’Italia ha bisogno per arrivare a una catarsi collettiva che risvegli all’azione civica il meglio della società italiana. E’ l’ora. Speriamo che lo sia.”
Il 6 giugno José Saramago torna a parlare del nostro premier con un articolo pubblicato su “El País” e intitolato “La cosa Berlusconi”. E spiega: “L’ho chiamata ‘delinquente’ questa cosa e non me ne pento. Per ragioni semantiche, che altri sapranno spiegare meglio di me, il termine delinquente ha in Italia una carica negativa più forte che in altri idiomi europei. Per tradurre in forma chiara e incisiva ciò che penso della cosa di Berlusconi uso il termine nell’ accezione che la lingua di Dante gli attribuisce abitualmente, nonostante sia dubbioso sul fatto che Dante lo abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese, significa, in accordo con i dizionari e la pratica corrente della comunicazione, ‘azione delittuosa, in spregio alla legge o ai dettami morali’.”
Nella censura della Mondadori contro “Il Quaderno” di Saramago, a nostro avviso, ci sono tutti i limiti storici di Berlusconi che non accetta regole democratiche uguali per tutti i cittadini. Ma nelle riflessioni dello scrittore portoghese si evidenziano anche i suoi limiti politici: come può pensare che il piccolo partito di Antonio Di Pietro possa “salvare” (o possa avere il revulsivo per…) le sorti dell’Italia se (è notizia anche di oggi, 15/11 / 2009, vedi “Corriere della Sera” e non solo!) l’Idv è un partito gestito in modo davvero poco democratico? Con lo stesso De Magistris che non risparmia accuse al suo collega di Mani Pulite che l’ha messo in lista per il Parlamento europeo? E che dire delle critiche che Flores d’Arcais rivolge da “Micromegra” a Di Pietro? “Deve fare un’operazione di rifondazione del partito”, dice il filosofo ed evidenzia una serie di “tare” dell’Italia dei valori a livello locale: commissariamenti a valanga, presenza di trasformisti (ex DC, ex Udeur, persino ex FI), casi di illegalità… Ma Di Pietro chiama ciò “vita democratica all’interno del suo partito”. Non solo: non c’è nel giustizialismo del magistrato abruzzese concentrata tutta quella carica di rivolta contro la Sinistra di casa nostra da parte di milioni di cittadini italiani che votano per Berlusconi? E come mai nessuno riesce a riformare la Giustizia italiana in senso davvero democratico come vogliono, per fare un esempio, i Radicali di Pannella che Saramago dovrebbe conoscere visto che dal 2002 è presidente onorario dell’Associazione Luca Coscioni? Non si chiede, il Nostro, come mai le proposte politiche dei Radicali sono silenziate dai mass media italiani? Non c’è nella censura dei Radicali di Pannella la soluzione veritiera della situazione politica italiana proprio come nella censura della Mondadori a Saramago c’è la graffiante verità sbattuta in faccia al nostro Berlusconi? Ecco il vero “revulsivo” o “antidoto” politico di cui l’Italia ha bisogno per purificarsi dalla “Cosa Berlusconi”! Ma Saramago non se ne accorge: forse perché nei confronti dei Radicali agisce il suo insano pregiudizio ideale contro lo Stato di Israele di cui i Radicali sono amici? Bene, queste “idee fisse” e sbagliate contro lo stato di Israele, da parte di Saramago e non solo, diciamolo subito!, noi non condividiamo e, anzi, siamo sinceri oppositori. Ma è un argomento di cui parleremo successivamente, nel Capito Secondo di questa mia recensione appassionata del “Quaderno” di Saramago.
Da Italiani ringraziamo Saramago per le sue dichiarazioni di stima nei confronti di Rita Levi Montalcini, della quale dice: “Rita è il cammino”; e delle belle parole nei confronti di Roberto Saviano definito: “Maestro di vita”.
Riportiamo altri pensieri dello scrittore portoghese degni di nota. Su George Bush: ” Mi chiedo come e perché gli Stati Uniti, un paese così grande in tutto, abbia avuto tante volte presidenti tanto piccoli. Di essi, George Bush è forse il più piccolo. Intelligenza mediocre, ignoranza abissale, espressione verbale confusa…” (op. cit. pag. 23). E, ancora, a pag. 110: “…il mondo, malgrado il desolante spettacolo che quotidianamente ci offre, non meritava Bush. Lo abbiamo avuto, lo abbiamo subito, a tal punto che la vittoria di Barack Obama sarà stata da molti ritenuta una sorta di giustizia divina.”
E che dire delle sue lucide affermazioni su Ratzinger? Citiamolo: “Che penserà Dio di Ratzinger? Che penserà Dio della Chiesa cattolica apostolica romana di cui questo Ratzinger è papa sovrano?
(…). Fino a oggi nessuno ha osato formulare tali eretiche domande, forse perché si sa previamente che non c’è né ci sarà risposta (…). Dio è il silenzio dell’universo e l’uomo il grido che dà senso a questo silenzio (…). E’ chiaro che perché Dio pensi qualcosa di Ratzinger o della Chiesa che il papa sta cercando di salvare da una morte più che prevedibile (…) sarà necessario dimostrare l’esistenza del detto Dio, compito tra tutti impossibile (…). Dio, nel caso esista, deve essere grato a Ratzinger per la preoccupazione che ha manifestato negli ultimi tempi per il delicato stato di salute della fede cattolica. La gente non va a messa, non crede più nei dogmi e ha smesso di osservare i precetti che per i suoi antenati, nella maggior parte dei casi, costituivano la base della stessa vita spirituale, se non anche della vita materiale, come accadeva per esempio per molti banchieri dei primordi del capitalismo, severi calvinisti e, per quanto è possibile supporre, di una onestà personale e professionale a prova di qualsiasi tentazione demoniaca in forma di subprime (…).
Torniamo a Ratzinger. A quest’uomo, certamente intelligente e informato (…), la cui fede dobbiamo rispettare, ma non l’espressione del suo pensiero medievale (…). Tutto è possibile se Dio lo vuole. A patto, imprescindibile, che esista, chiaro. (…) Dio è eterno, dicono, e ha tempo per tutto. Eterno sarà, ammettiamolo per non contrariare il papa, ma la sua eternità è solo quella di un eterno non-essere.” (Op. cit. pp. 48, 49, 50).
Ma Saramago parla di “vaticanate” o “vaticanisterie” anche alle pp. 146-147. Citiamolo: “Non sopporto di vedere i signori cardinali e i signori vescovi abbigliati con un lusso che scandalizzerebbe il povero Gesù di Nazareth (…). Questi signori si ritengono investiti di un potere che solo la nostra pazienza ha fatto durare. Si dicono rappresentanti di Dio in terra (non lo hanno mai visto e non hanno la minima prova della sua esistenza) e si spostano per il mondo trasudando ipocrisia da tutti i pori. Forse non sempre mentono, ma ogni parola che dicono o scrivono ne ha dietro un’altra che la nega o limita, che la dissimula o perverte. (…) I signori cardinali e i signori vescovi, incluso ovviamente il papa che li governa, non sono per niente tranquilli. Nonostante vivano come parassiti della società civile, i conti non gli quadrano. Davanti al lento ma implacabile affondamento di questo Titanic che è stata la Chiesa cattolica, il papa e i suoi accoliti, nostalgici del tempo in cui imperavano, in criminale complicità, il trono e l’altare, ricorrono ora a ogni mezzo, compreso quello del ricatto morale, per immischiarsi nell’attività governativa dei paesi (…). E dirò di più: come persona, come intellettuale, come cittadino, mi offende la sufficienza con cui il papa e la sua gente trattano il governo di Rodriguez Zapatero, colui che il popolo spagnolo ha eletto in piena coscienza. A quanto pare, qualcuno dovrà tirare una scarpa contro uno di questi cardinali.”
Come si vede, siamo alle “sacre pedate” di Ernesto Rossi. E alle “sante” parole di un intellettuale davvero democratico. Chi del resto in Italia, tramite il messaggero Letta, detta l’agenda politica a Berlusconi (utilizzatore finale di “escort”, ma con faccia da cardinale prestata al Family Day) sulle questioni cosiddette etiche? E chi è il politico davvero laico che nella nostra Italietta non si genuflette al papa? Forse D’Alema o Fassino o Mastella o Rutelli o Casini o Fioroni o Bersani? Ecco un altro limite di Saramago: non vede che, in Italia, gli unici a difendere i valori “inclusivi” della laicità presente nella nostra Costituzione sono i Radicali e i suoi amici dell’Associazione Luca Coscioni. Ma sono censurati da tutti i mezzi d’informazione in mano al potere partitocratico proprio come il gruppo Mondadori voleva censurare le sue idee scomode su Berlusconi. E diciamo ciò per evitare la “cecità” a chi è in grado di vedere, riferendo informazioni politiche per riflettere meglio sulla “peste” italiana. E proprio vero, come diceva Albert Camus citato da Saramago, “Se qualcuno volesse essere riconosciuto gli basterebbe dire chi è.” Saramago scrive ciò che pensa, e noi sappiamo bene chi è! Per ribaltargli, nel Secondo Capitolo di questa mia lunga recensione, le numerose prese di posizioni confutabili su Israele, preoccupante sua ossessione che quasi lo acceca!
Bagheria, 16/11/09
Giuseppe Di Salvo
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